Quando piangiamo?
I costrutti legati al pianto

Quando piangiamo? I costrutti legati al pianto
Il pianto è la prima modalità espressiva attraverso la quale l’essere umano esprime i propri bisogni.
Il neonato, attraverso il pianto, richiama l’attenzione delle figure di riferimento per ricevere l’accudimento necessario quando qualche mutamento nel suo organismo o nell’ambiente rompe l’equilibrio generando così un bisogno.

Questo processo dipende dalla relazione di attaccamento: una tendenza innata a ricercare la vicinanza protettiva di una figura ben conosciuta, ogni volta che si costituiscono situazioni di pericolo, dolore, fatica, solitudine, malattia (Bowlby, 1960). Le emozioni più potenti e drammatiche sono quelle evocate da questo sistema relazionale (Verlato, 2001). L’espressione di emozioni attraverso il pianto (paura, collera, tristezza, gioia) costituisce il modo principale di modulare la richiesta di cura e vicinanza (Liotti, 1994). In questa riflessione l’importanza data al pianto, forma di comunicazione non verbale, dipende dal fatto che questa modalità espressiva rimane, con la sua forte componente espressivo-comunicativa, per tutto l’arco della vita. Quindi, come nel neonato il pianto è l‘unico modo per esprimere i propri bisogni ed esperienze prima di avere a disposizione il linguaggio, così nell'adulto, il pianto si genera quando non vi sono parole per verbalizzare adeguatamente emozioni complesse alle quali sottostanno dei bisogni inespressi. In tal senso, vedremo come il pianto sia una delle modalità che permette l’espressione delle parti più profonde del sé. Per questi motivi i terapeuti dovrebbero diventare gli esperti della “densità” della lacrima. Infatti, non tutte le lacrime hanno la stessa “densità“: non tutti i pianti indicano il contatto con la propria esperienza di dolore, alcuni indicano proprio il contrario. Piangere, per esempio, non è sempre associato ad un genuino dolore, portando sollievo; può trattarsi di un pianto legato, piuttosto, all'impotenza o alla frustrazione secondaria, che porta a stare peggio. I clienti che in seduta domandano quale sia l'utilità di lamentarsi e piangere dato che lo fanno tutto il tempo a casa, hanno bisogno di imparare a distinguere fra lacrime di impotenza e pianto terapeutico (che può alleviare il vissuto di impotenza) (Greenberg, Paivio, 1997). Possiamo, allora ipotizzare che il pianto non terapeutico si ha quando non si è consapevoli a cosa si sta reagendo, quando cioè manca la congruenza, è un pianto di smarrimento, un piangersi addosso. Anche se Rogers non fa esplicito riferimento al processo del pianto, dalla lettura dei suoi scritti e soprattutto nelle trascrizioni delle sedute di terapia, si può cogliere come il pianto sia presente come modalità espressiva e fondante l’esperienza della presa di contatto con la percezione emotiva. In psicoterapia assistiamo al pianto terapeutico, quando il cliente entra in contatto con le proprie emozioni e con i costrutti basilari. Ognuno di noi si rapporta al mondo in base al proprio sistema di costrutti strutturati gerarchicamente, infatti come afferma Zucconi (2011): “i costrutti sono come le ciliegie”, cioè un costrutto tira l’altro, dietro a ogni costrutto ve ne è un altro, fino ad arrivare ai costrutti basilari che rispondono ai bisogni di sopravvivenza e sicurezza, già ritenuti prioritari da Maslow (1954) nella sua scala dei bisogni. I principali costrutti basilari si articolano in alcune aree principali: 1) ho diritto di esistere?; 2) Sono amabile?; 3) Mi stimo e sono stimabile?; 4) Ce la posso fare? (Zucconi, 2011). Le risposte che le figure criterio durante lo sviluppo emotivo-cognitivo del bambino danno a queste domande esistenziali andranno a costituire i costrutti basilari di un individuo adulto. Quindi, nel bambino sono le reali esperienze di relazione nei primi anni di vita con le varie figure di attaccamento a permettere o meno la costruzione di legami affettivi e modalità di rapporto, che tenderà a mantenere e riprodurre nel corso della propria vita (Verlato, 2001). Nella mia esperienza clinica ho potuto osservare che quando il cliente giunge a contattare questi costrutti spesso la prima risposta è il pianto perché dice proprio ciò che non si racconta, ciò che ancora non si dice. “In un’eloquenza silenziosa, la lacrima si enuncia scomparendo, scorrendo” (Charvet, 2000; trad. it. p.22). Il pianto è il non detto delle emozioni.

Immagine: Teun Hocks

A cura della Dott.ssa Letizia Pianforini-Tutti i diritti riservati

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